giovedì 9 settembre 2010

Riflessioni sulla genitorialità

La semplicità come criterio di base per addentrarsi nel difficile mestiere di educare i figli.

Capita spesso di sentire genitori angustiati perché il figlio o i figli non corrispondono alle proprie aspettative.

Spesso c’è da parte dei genitori una scarsa consapevolezza sulle competenze psicologiche delle proprie funzioni genitoriali.

I genitori hanno ragione, non perché siano senza torti, perfetti, ideali, ma perché il loro comportamento ha sempre delle ragioni e queste coincidono, anche quando sembrano inadeguate, con il bene del figlio. La fiducia che viene attribuita al padre e alla madre sta nella certezza del loro amore e nelle infinite risorse che questo comporta.

Queste risorse sono spesso ignorate, smarrite, negate, ma quando vengono recuperate e rimesse in circolo, vivificano il loro rapporto e rimettono in moto i processi di crescita, non solo del bambino ma della famiglia intera spesso abituata a ripetere modelli educativi che si trasmettono attraverso le generazioni.

Dopo questa introduzione ti invito a leggere il primo di una serie di argomenti di riflessione sulla genitorialità.

Lo spettro del genitore competente

Vedo spesso intorno a me padri e madri che di fronte all’educazione dei figli presenti o ancora non nati, sono spesso disorientati, incerti e preoccupati. Le relazioni nei riguardi dei figli sono spesso legati all’ansia. Ansia spesso confermata dalla differenza tra l’idea che avevano del “figlio” spesso gratificante, e la realtà in cui il figlio piange, frigna, disobbedisce, fatica a dormire, rifiuta il cibo, fa i capricci o chissà cos’altro, con la quale invece si trovano a confrontarsi. Chi tra noi non ha pensato o sognato su un figlio … credo sia necessario lavorare e riflettere prima su questi sogni per fare in modo che il nostro figlio ideale si allontani giorno dopo giorno lasciando sempre più il posto a quello “imperfetto” che ci gira intorno.

Il suo cammino è tanto comune quanto abbastanza prescritto: deve velocemente adeguarsi ad una vita nuova, imparare a mangiare cibi con sapori e odori diversi dal latte materno, parlare camminare e tenersi pulito secondo una tabella di marcia che ha poche digressioni: ogni suo ritardo viene interpretato come una anormalità. Deve frequentare una scuola materna senza dare segni di disagio per il distacco dalla famiglia. Poi arriva velocemente la scuola e lì i risultati devono essere buoni e possibilmente acquisiti velocemente per dare le giuste conferme alla famiglia di aver cresciuto un figlio senza avere fallito. Poi verrà il momento di fare un’attività sportiva o di altro tipo dove potersi destreggiare e essere un compagno socialmente ambito dai coetanei altrimenti ogni sua sconfitta potrebbe diventare una sconfitta dei suoi genitori.

Insomma le prove per un genitore non finiscono mai e l’inquietudine e la paura degli insuccessi diventano i perni attorno ai quali ruotano molte vite familiari. Normale che molti genitori si sentano delusi, preoccupati e insoddisfatti e si sentano spesso inadeguati. Nonostante i diversi metodi usati e le prove fatte i risultati sembrano non venire. Quando i genitori si aspettano troppo da se stessi rischiano di non riuscire a godere del rapporto con il proprio figlio. Credo che esistano mille modelli educativi e che nessuno garantisca l’esito nel divenire, ma è importante che papà e mamma prendano consapevolezza di poter essere sufficientemente lucidi nei momenti di difficoltà e invece riuscire a godere pienamente dei progressi del figlio. L’impresa da compiere è quella di rimanere costantemente curiosi e ricettivi per conoscerlo e capirlo.

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